gestione di servizi tributari mediante società mista

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marco panaro
00martedì 26 ottobre 2004 09:18
Consiglio di Stato sez.V 20/10/2004 n. 6867

Il Comune di Pizzo, mediante l’appello in esame, intende censurare la conclusione del T.A.R. secondo cui l’ente locale, una volta costituita, con altri soggetti, una società mista per lo svolgimento di un servizio pubblico con gli strumenti privatistici, non può più recedere dal contratto costitutivo della società se non nei limiti in cui tale potere è consentito dalle norme di diritto comune. A tal fine l’appellante lamenta, anzitutto, il travisamento, ad opera del giudice di primo grado, del thema decidendum, giacchè il T.A.R. avrebbe valutato gli effetti del provvedimento di revoca sul contratto di società, e non invece sulla convenzione stipulata con la Napitia s.r.l., intesa come autonoma fonte di affidamento del servizio.

La censura è infondata.

La deliberazione del Comune di Pizzo n. 50 dell’11 novembre 2002 è inequivoca nell’individuare, come oggetto della revoca, la precedente deliberazione consiliare n. 16 del 7 giugno 2001, mediante la quale veviva disposta la costituzione di una società mista a maggioranza pubblica cui affidare la gestione delle entrate comunali.

In ogni caso, comunque, l’affidamento del servizio pubblico in questione rientra nell’oggetto sociale della società mista, costituita proprio a tale scopo, e rappresenta una mera conseguenza della scelta gestionale operata, dovendosi ritenere superfluo un autonomo provvedimento in tal senso. Ne consegue che anche ammettendo, in ipotesi, che la revoca incida solo sul rapporto negoziale, e non sul patto societario, verrebbe comunque sostanzialmente vanificata la sussistenza della stessa società, che non potrebbe più perseguire lo scopo per cui era venuta ad esistenza. Del resto, a conferma di ciò, può notarsi come la stessa Amministrazione comunale ha tratto la conclusione che dall’esercizio del suindicato potere di revoca sarebbero derivate inevitabili conseguenze sulla vita della società mista costituita, proponendo l’azione per la liquidazione della società davanti al giudice ordinario.

Con il secondo motivo di ricorso il Comune di Pizzo sostiene, poi, che il giudice di primo grado non ha rilevato che la delibera n. 50/02 costituisce il necessario provvedimento finale, assunto nelle forme di un contrarius actus, di un nuovo procedimento amministrativo con cui l’ente locale intende esercitare il proprio potere di autotutela rispetto alla determinazione di gestire il servizio in questione mediante il modulo organizzatorio della società mista. Dichiarare l’illegittimità di suddetta revoca equivarrebbe, a parere dell’appellante, a voler negare la possibilità dell’esercizio del generale potere di autotutela in capo all’Amministrazione.

La doglianza non merita accoglimento.

Il T.A.R. ha correttamente rilevato che, una volta intervenuta la costituzione della compagine societaria, l’Amministrazione non può più sciogliersi dal vincolo sociale esercitando un potere di recesso unilaterale, anche se nelle forme di un atto di ritiro della precedente manifestazione di volontà di gestire il servizio pubblico mediante lo strumento societario. Dal momento della costituzione della società, e quindi dalla nascita di tale nuovo soggetto giuridico, quest’ultimo è assoggettato al particolare regime disciplinare che lo governa, ed in particolare alle norme di diritto comune, non potendosi più ammettere che l’ente locale intervenga autoritativamente ad incidere sull’esistenza dello stesso mediante un contrarius actus frutto dell’esercizio del potere di autotutela. D’altra parte, la stessa giurisprudenza di questa Sezione ha già avuto modo di rilevare che il Comune mantiene un’amplia discrezionalità di revocare la propria precedente decisione di provvedere alla gestione di un servizio pubblico mediante costituzione di una società mista solo non avendo ancora dato seguito alla stessa determinazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2004, n. 2714), a differenza di quanto si riscontra nel caso di specie, dove invece la società si è già costituita, iniziando anche a svolgere le attività previste dallo statuto.

Con la terza censura l’appellante, nel ribadire che la delibera di revoca non incide sul contratto sociale, ma solo sul provvedimento di scelta dell’esercizio del servizio pubblico in questione attraverso la società mista, con le inevitabili ripercussioni sull’efficacia del rapporto negoziale intervenuto con la Napitia s.r.l., sostiene che il T.A.R. non ha tenuto conto che tale meccanismo è analogo a quello che si verifica con riguardo agli effetti dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione rispetto al contratto di appalto.

Anche tale profilo di ricorso risulta infondato.

Infatti, oltre a richiamarsi quanto già argomentato nell’esame del primo motivo di appello in ordine alla diretta inerenza del provvedimento di revoca sul contratto sociale, vale notare come non risulta pertinente il richiamo compiuto dall’appellante alla ipotesi in cui dall’illegittimità dell’aggiudicazione di una gara di appalto derivi la caducazione degli effetti del contratto successivamente stipulato. Queste ultime ipotesi trovano il proprio presupposto nell’intervenuto annullamento per vizi di legittimità, o d’ufficio, in via di autotutela, o in sede giudiziale degli atti di gara, mentre nel caso di specie questi ultimi, sfociati nella scelta del socio privato dell’ente locale nella costituenda s.p.a., non hanno subito alcun annullamento, ma si è assistito all’esercizio unilaterale da parte del Comune appellante di un potere di recesso per motivi di opportunità, che non può ritenersi sussistente. Una volta intervenuta la costituzione della società, ciascuno dei soci ha facoltà di recesso solo nei casi in cui la legge o le previsioni statutarie gli conferiscano il relativo diritto.

[Modificato da marco panaro 26/10/2004 9.18]

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